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Banche, in dieci mesi bruciati 568 miliardi di capitalizzazione

di Antonella Olivieri

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22 ottobre 2008

La crisi sconvolge la geografia del credito in Europa

Il quadro che emerge dalla pubblicazione Indici e Dati dell'ufficio studi di Mediobanca sul mercato azionario è già preoccupante se ci si ferma a giugno, ma dall'estate a oggi l'escalation della crisi è stata impressionante. Conviene perciò partire dagli ultimi aggiornamenti per avere il polso della situazione a Piazza Affari.

A galla solo dieci titoli
Nell'anno e mezzo che va da inizio 2007 a metà 2008 solo il 7,6% del listino della Borsa italiana è rimasto in territorio positivo, ma se si estende il periodo di osservazione fino a venerdì scorso, 17 ottobre, la percentuale dei "sopravissuti" alle zampate dell'Orso si riduce al 4%. Appena una decina di titoli, per lo più poco liquidi: Acotel (+183%), Bastogi (+99,4%), Ducati (+80,4%), Boero Bartolomeo (+47,8%), Basicnet (+28%), Ima (+19,3%), Lazio (+13,6%), Beghelli (+11%), Trevi (+3,8%), Popolare di Intra (+2,25%). Per il resto tutti segni meno. I peggiori? Risanamento, che ha ceduto quasi il 95%, Eutelia (-92,5%), Aedes (-91,5%), Italease (-89%).

La geografia del credito
Lo sanno tutti: nell'occhio del ciclone sono finite soprattutto le banche. Non lo sanno tutti: i titoli bancari di Piazza Affari sono saliti così tanto negli anni scorsi da aver mantenuto margini di guadagno rispetto agli altri comparti. Misurandone le performance in termini di ritorno totale (capital gain e dividendi), dal '96 a metà 2008 il rendimento medio annuo delle banche italiane è ancora positivo del 12%, contro l'11% dei titoli industriali e il 6,5% degli assicurativi.
Ma l'accanimento dell'Orso dall'inizio di quest'anno a venerdì scorso ha sconvolto la geografia del credito. Basti pensare che le prime dieci banche Usa e le prime dieci europee hanno bruciato complessivamente in nove mesi e mezzo 568 miliardi di euro di capitalizzazione: per intendersi, come se fosse stata inghiottita da un buco nero una Borsa delle dimensioni di Milano. E ne è uscita rivoluzionata la classifica dei big del credito. In Europa, per esempio, se Hsbc e il Santander sono riusciti a mantenersi in testa, rispettivamente in prima e seconda posizione, e Intesa Sanpaolo si è confermata al 6° posto, Ubs è scivolata dalla quinta alla settima posizione, UniCredit è precipitata dalla terza all'ottava posizione con una capitalizzazione più che dimezzata dai 75,5 miliardi di fine 2007 ai 31 miliardi di venerdì scorso, e Royal bank of Scotland è finita in coda con una capitalizzazione crollata del 75% a 14,6 miliardi.
Sulle dieci big di Wall Street, invece, tre dall'inizio dell'anno hanno addirittura guadagnato, scalando la classifica. JP Morgan (+5,6%) è balzata dal terzo al primo posto, Wells Fargo (+11,1%) dal quinto al secondo, Us Bancorp (+6,6%) dal nono al quinto. In compenso Lehman Bros si è persa per strada, la capitalizzazione di Merrill Lynch (dal quarto al settimo posto) si è ridotta a meno di un quarto (da 85,6 a 20,7 milioni di euro), quella di Morgan Stanley (da sesta a ottava) si è ridimensionata da 58,4 a 15,2 miliardi, Wachovia (da ottava a nona) è precipitata da 49 miliardi di capitalizzazione a meno di 10.

Saldi di fine stagione
Dopo i continui ribassi, il risultato per Piazza Affari è stato che il rapporto prezzo/utili nella media del listino si è più che dimezzato rispetto alla media storica di 21,7 a 10,6 (dato puntuale del 17 ottobre scorso), così come il rapporto tra le quotazioni e il patrimonio netto è sceso da 2,1 a 1,2. Difficile in prospettiva che le società italiane possano permettersi il lusso di essere generose come quest'anno quando l'ammontare dei dividendi pagati ha toccato il massimo storico di 31,4 miliardi, il triplo di quanto distribuito nel '98. Alle quotazioni attuali i dividend/yield (il rendimento offerto dalla cedola) sarebbero addirittura superiori ai già elevati rendimenti di fine giugno: 5,8% nella media del listino, con una punta del 7,5% per il comparto delle banche.

Il sorpasso della Corea
Il calo delle quotazioni, insieme con le cancellazioni dal listino (dall'inizio dell'anno Milano ha registrato tre nuovi ingressi e ben 12 uscite), ha fatto precipitare la capitalizzazione della Borsa italiana alla 18esima posizione al mondo (era 14esima nel giugno 2007, 11esima due anni fa), superata da Brasile, Russia e persino Corea. Di conseguenza il peso della Borsa rispetto al Pil è sceso ai minimi degli ultimi undici anni: appena il 34,8%, peso piuma nel panorama internazionale.

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